Azienda Agricola SILVANO FOLLADOR

Azienda Agricola di Valdobbiadene, Treviso

Silvano e Alberta Follador sono due giovani fratelli che conducono con passione l’azienda agricola di famiglia posta nel cuore del Follo di S.Stefano a Valdobbiadene
Così Silvano descrive la propria attività: “La necessità di vivere un rapporto più profondo con le piante e la natura ci ha portati a rifiutare totalmente l’utilizzo della chimica, cercando di riportare il suolo alla massima vitalità e fertilità, non utilizzando concimazioni e diserbi, cercando di non comprimere il suolo con un eccessivo utilizzo dei trattori. Si cerca, con i vari preparati biodinamici, di rivitalizzarlo, rendendo la pianta più attiva nell’assorbire e ricevere le sostanze della terra e l’energia dal cielo. Ogni fermentazione avviene spontaneamente, nessun lievito selezionato, attivante ed enzima. I vini rimangono a contatto della propria feccia, in vasca di cemento, fino alla primavera. 3,7 ettari e finalmente solo 20.000 bottiglie. Il grande desiderio è trovare quella che è per noi l’espressione più bella di questo vino, nella sua fantastica essenzialità e semplicità ma che può essere allo stesso tempo profondità, unicità ed emozione”
Tratto da
prosecco.com

ARTIGIANI DEL VINO - Bologna, 4 Luglio 2015

IL PROSECCO METODO CLASSICO DI SILVANO FOLLADOR NON E’ PIU’ UNA SORPRESA

Dire Prosecco e pensare vigne piantate in ogni cm² di terra emersa tra Conegliano, Valdobbiadene e oltre è un tutt’uno: l’uva rende, il brand spinge e la qualità latita. Trovare buone bottiglie nel trilione dei Prosecco da supermarket è impresa ardua. Rese abbondanti su terreni seviziati dalla chimica, vinificazioni protocollari che bananizzano la materia e importanti residui di zucchero consegnano al consumatore occasionale un prodotto abbordabile, dai profumini immediati e facili ma nulla di più. Questa è una parte importante della storia – quella dei fatturati milionari che conquistano nuovi mercati – ma per fortuna degli appassionati non l’unica.
In zona, il prosecco è un’articolata religione con ortodossie, eresie e profeti. Il cattolicesimo del caso sono autoclavi che prosecchizzano anche l’acqua ma ci sono produttori che vinificano le uve migliori per farne un vino senza bollicine da consumo quotidiano. Pochi altri privilegiano all’autoclave una seconda fermentazione in bottiglia e senza sboccatura. Il sur lie o col fondo è una sorta di metodo classico senza l’ultimo passaggio, un vino torbido che sublima il fascino semplice di un’uva generosa: molte versioni fatte in casa sono così e non manca l’enotecaro di turno che ti passa sottobanco un sur lie 2007 fatto dall’amico. Ne ho assaggiate versioni di 4-5 anni perfettamente e sorprendentemente integre e leggenda narra che un produttore di grande sapienza tecnica come Mario Pojer sia sobbalzato bevendo bottiglie ben più vecchie. Calma. Il Prosecco buono non è un vino da invecchiamento ma sa invecchiare e quando spira malamente dopo pochi mesi qualcosa non torna.
Andiamo oltre. Accanto a vino fermo (bevuto in zona e sconosciuto al di fuori, leggero e acidulo), spumante con metodo Martinotti e rifermentato in bottiglia senza sboccatura, c’è anche la versione metodo classico. Pochi gli esemplari validi, uno il mio “campione” di riferimento. Silvano Follador va per i 32 anni e da 10 produce Prosecco sulle vigne ereditate dal nonno. Vende tutte le 30.000 bottiglie che derivano dai suoi 4 ettari e negli anni in cui faceva viticoltura convenzionale comprava anche uva, tanta era la domanda. Poi la svolta di pensiero, il senso di vergogna per una conduzione agronomica tanto scellerata quanto usuale e l’avvicinamento alla biodinamica. Tre i vini prodotti oggi e accanto ai Valdobbiadene Superiore brut e Valdobbiadene Superiore di Cartizze brut ecco il méthode champenoise da prosecco che non ti aspetti. Il Metodo Classico Dosaggio Zero 2008 è una conferma di stile, pulizia e sapienza. 16 mesi sui lieviti articolano la fragranza di un vino dal frutto nitido: il metodo classico aggiunge mollica, pane fresco e vinosità floreale a pera e mela del prosecco. Il naso è semplice e affatto scontato, riconoscibile e pulito. Il sorso snello e asciutto offre scatto senza ammiccamenti, il finale citrino completa una bevuta davvero interessante. Un prosecco appagante che esalta la vocazione di un vino quotidiano che ci invidiano in tutto il mondo

Tratto da intravino.com

NATURALE. CREATO COME LO CHAMPAGNE

La filosofia «Sentivamo il bisogno di un lavoro artigianale. Con attenzione alla vitalità e alla fertilità della terra. In vigna e in cantina meno si interviene meglio è»
Un Prosecco che migliora quando le bollicine, con il tempo, svaniscono. Odora di pane, di agrumi, frutta candita. Ed è l’antitesi del vino più industriale dei colli trevigiani. È diverso perché creato con lo stesso metodo dello Champagne. Lo producono Silvano Follador, 34 anni, assieme alla sorella Alberta, 32 anni. Si chiama Prosecco Metodo classico (significa che la rifermentazione non avviene in autoclave ma nella bottiglia). Nel mare di Prosecco che inonda il mondo (270 milioni di bottiglie tra Doc e Docg), i Follador hanno deciso di andare controcorrente. Si dannavano per vendere 100 mila bottiglie l’anno, ora si limitano a produrne 20-30 mila. Una marcia indietro che a suo modo è una risposta alla fase espansionistica di questo vino, rafforzata nel 2009 dalla decisione dell’allora ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, attuale governatore del Veneto, di allargare i confini della denominazione, che ora si estende al Friuli Venezia Giulia.Il cuore storico del Processo sono le colline di Conegliano e Valdobbiadene, 5.000 ettari in 15 Comuni, quasi 70 milioni di bottiglie. È qui, con vigneti a Saccol e San Giovanni (e a Santo Stefano per il Cartizze) che si trova l’azienda di Silvano Follador, una laurea mancata in Lettere per seguire le vie del vino.”Abbiamo cominciato nel 2000 sui terreni del nonno” raccontano fratello e sorella “lui si limitava a vendere le uve. Noi, anche se abbiamo solo 3 ettari e mezzo, avevamo costruito una cantina per grandi numeri. Fino al 2007, quando ci siamo accorti che ci stava stretto quel sistema fatto di consulenze e di esperti da cui nasce un vino sempre uguale».Fine di una avventura? «Non riuscivamo più ad amare e a bere i nostro vini, erano standardizzati, corretti ma privi di anima e personalità. Sentivamo il bisogno di un lavoro artigianale”. Silvano, ricci biondi e salopette, ha alimentato la svolta di letture e si è avvicinato alla biodinamica con i libri di Rudolf Steiner e Ehrenfried Pfeiffer. Ha fatto sue frasi come questa dello scienziato Pfeiffer: “Civiltà significa in primo luogo la lavorazione della terra, ma anche dello spirito umano. Un popolo con un grado di civiltà più elevato possiede campi e orti ben coltivati”. L’infatuazione per la biodinamica non è diventata un credo: “Mi affascinava l’attenzione alla vitalità della terra e alla fertilità, l’eliminazione di ogni veleno. Ora, con la biodinamica che è diventata moda, continuiamo ad usare alcuni principi, ma rifiutiamo le certificazioni e gli schieramenti. Restiamo nel campo del naturale, convinti che in vigna e in cantina meno si interviene meglio sia”.Il risultato sono due linee di Prosecco. Una con il metodo Charmat, ovvero la rifermentazione nelle autoclavi: vino secco, quasi privo di residui zuccheri, fresco. L’altro, il Metodo classico, è più complesso. “Entrambi sono così delicati” racconta Alberta “che qualche commissione di degustazione li ritiene non-prosecchi, privi di quella dolcezza, di quei profumoni, di quei muscoli di altri vini di questa terra. Anche il nostro Cartizze, secco, disorienta”. Non sono bottiglie a basso costo. Incidono la resa più bassa delle vigne (80-90 quintali ad ettaro con i 135 consentiti), la raccolta manuale dell’uva con le cassette, la lunga sosta sui lieviti (24 mesi) per il Dosage zero. Si pagano in enoteca 35 euro per il Metodo classico, 23 euro per l’altro Prosecco.Fratello e sorella sono soli in azienda: “Non abbiamo enologi, ci dà una mano papà, che faceva l’insegnante e ora è in pensione. Non facciamo prodotti per assecondare il gusto del mercato” spiega Silvano “Le nostre bottiglie stupiscono: quando le bollicine diminuiscono di intensità, il nostro Prosecco diventa un vino da riscoprire”

Tratto da corriere.it